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La "contorta" normativa dei sottoprodotti di origine animale

di Monica Taina

Categoria: Rifiuti

La contorta normativa dei sottoprodotti di origine animale
 
La recente proroga del sistema di tracciabilità dei rifiuti ha solo allontanato nel tempo (al 30 giugno 2013) un problema (tra i tanti) che gli operatori del settore (ed in Italia non sono tantissimi ma tanti sono i quantitativi di materiali di cui si parla) dei sottoprodotti di origine animale (SOA), compresi i prodotti trasformati, affrontano da tempo, ovvero quello del trasporto degli stessi nel momento in cui devono essere destinati a fine vita, anche con recupero energetico.
 
L’analisi del problema è complessa sotto il profilo giuridico poiché involge una serie di discipline correlate, comunitarie e nazionali, che purtroppo hanno lasciato alcuni vuoti normativi.
 

Classificazione giuridica dei S.O.A.

 
Occorre prima di tutto far chiarezza sulla classificazione giuridica dei S.O.A.
 
I SOA, compresi i prodotti trasformati (come ad esempio le farine animali) – sulla base delle norme vigenti, ovvero l’art. 185 comma 2 lett. b), Parte IV del D.L.vo 152/2006 rubricato “Esclusioni dall’ambito di applicazione” ed il Regolamento Comunitario n. 1069/2009 (vigente dal 4 marzo 2011) recante “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano” – non rientrano nel campo di applicazione della Parte IV del TUA (norme in materia di gestione rifiuti) se ed in quanto disciplinati da altre disposizioni normative anche comunitarie, naturalmente sulla base e con i limiti del contenuto di queste ultime.
 
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In particolare l’art. 185 comma 2 prevede: “Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: … b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio”.
 
Posto che il citato Regolamento 1774/2002 è stato abrogato e sostituito dal citato Regolamento 1069/2009, la disciplina comunitaria è comunque espressamente dedicata alle “norme sanitarie” per i S.O.A., pur contenendo indicazioni anche in ordine al loro “smaltimento” o “recupero”. È però precisato più volte nei “considerando” del Regolamento la necessità che gli Stati membri pongano le indicazioni contenute nell’atto in giusta correlazione con la vigente disciplina di gestione rifiuti.
 
Di conseguenza interviene la lettura dell’art. 185 del D.L.vo 152/2006, la quale innegabilmente penalizza, per lo meno sotto il profilo della gestione, lo sfruttamento dei S.O.A. come combustibili (tipologia di utilizzo peraltro espressamente prevista nel Regolamento Comunitario).
 
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Certo è possibile considerare che l’inclusione nella disciplina di cui alla Parte IV del D.L.vo 152/2006 dei S.O.A. non vuol dire automaticamente che tali materiali siano riconducibili al novero dei rifiuti, in quanto esiste per esempio la possibilità che possano essere inquadrati come “sottoprodotti” tout court, una volta verificata la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla disposizione di cui all’art. 184-bis del D.L.vo 152/2006, ma resta incomprensibile la scelta del legislatore di vincolare il fine vita dei S.O.A. ad una gestione documentale complessa come quella dei rifiuti, quando invece maggiori garanzie potevano essere espresse in relazione, ad esempio, alla tipologia di smaltimento/recupero ed alla gestione delle emissioni in atmosfera e dei residui post smaltimento/recupero.
 

Quando i S.O.A. diventano rifiuti?

 
La complessa ed immotivata classificazione giuridica dei S.O.A. si accompagna ai vuoti normativi di cui poco sopra si accennava che né il Regolamento UE né la Parte IV del TUA compensano, in relazione ad un aspetto fondamentale della gestione del fine dei S.O.A., ovvero: quando i S.O.A. diventano rifiuti?
 
Alla partenza del trasporto verso il sito di destino finale di smaltimento/recupero o solo all’arrivo in impianto? E ancora: se vi è una sosta in siti intermedi (anche di trattamento) come deve essere gestito lo stoccaggio?
 
Ciò comprensibilmente comporta un notevole disguido rispetto agli adempimenti documentali (FIR e SISTRI) per i soggetti gestori dei siti di destino o di trattamento intermedio, nonché per produttori dei S.O.A. e per i trasportatori.
 
In dettaglio rispetto al trasporto si deve osservare che oggi l’art. 193 del TUA vigente (per effetto della proroga dell’operatività del sistema SISTRI) consente un trasporto SENZA FORMULARIO e con documento di accompagnamento di cui al Regolamento 1069/2009 poiché l’art. il comma 10 così dispone: “Il documento commerciale, di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1774/2002 [si legga Reg. n. 1069/2009] del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1”; norma vigente (almeno) fino al prossimo 30 giugno 2013.
 
Una norma simile non si ritrova però nella versione che diventerà vigente al 30 giugno 2013, e per allora occorrerà aver chiarito la natura dei S.O.A. in base alla loro destinazione finale e di conseguenza le corrette modalità di trasporto.
 
Sul punto sono intervenute, però ad oggi ancora in forma non ufficiale, le Linee Guida Ministeriali (del Ministero dell’Ambiente delle politiche agricole e della salute), documento di carattere non vincolante di indirizzo e coordinamento per tutti gli operatori del settore, allo scopo di “… garantire sull’intero territorio nazionale l’uniformità applicativa del Regolamento Ce n. 1069/2009 e del suo Regolamento di attuazione…” (premessa alle Linee Guida).
 
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Le indicazioni ministeriali prevedono: “… se i S.O.A. ed i prodotti derivati sono destinati ad essere smaltiti come rifiuti, il documento commerciale normalmente utilizzato nel trasporto deve essere sostituito dalla documentazione prevista dalla normativa ambientale…” (art. 8).
 
Il successivo articolo 10 indica che lo smaltimento come rifiuti dei S.O.A. e prodotti derivati di categoria 1, 2 e 3, deve essere effettuato secondo le modalità previste dalla normativa ambientale in particolare avuto riguardo a: mezzi di trasporto, formulario rifiuti o sistema SISTRI nei casi in cui i S.O.A. siano destinati a:
 
• impianti di incenerimento e coincenerimento con o senza trattamento preliminare o sterilizzazione a pressione e marcatura permanente;
• discariche autorizzate, con la specifica delle diverse tipologie di S.O.A.
 
Il comma 2 del medesimo articolo inoltre prevede: “i S.O.A. o prodotti derivati di qualunque categoria, comprese le carcasse di animali morti, nelle eventuali fasi successive alla raccolta dal luogo di produzione (magazzinaggio, trasformazione in impianti riconosciuti ai sensi del Regolamento UE n. 1069/2009) sono da considerarsi ancora sottoprodotti di origine animale e pertanto sottostanno agli obblighi previsti dal Regolamento, trasporto compreso”.
 
Le Linee guida – pur omettendo l’ipotesi del conferimento alla produzione di biogas e al compostaggio che l’art. 185 invece contempla – indicano che l’avvio a smaltimento sia per incenerimento che coincenerimento oltreché a discarica, comporta che tutta la filiera della gestione S.O.A. – dal momento della produzione fino allo smaltimento – sia da considerarsi assoggettata alla disciplina rifiuti, quindi trasporto con FIR (o SISTRI) al posto del documento commerciale e registrazioni secondo la disciplina rifiuti per l’impianto di destino.
 
Vi è una sola importante eccezione rappresentata dal passaggio a siti intermedi – con o senza trasformazione – dei S.O.A., i quali in tal caso restano “non rifiuti”.
 
L’approvazione delle Linee Guida e l’entrata in vigore della “nuova versione” dell’art. 193 del TUA potrebbero porre fine alla problematica emersa per il trasporto dei S.O.A., a tutti gli effetti rifiuti se destinati a smaltimento per incenerimento o coincenerimento; resta in sospeso il tema, di non poco rilevo, dell’utilizzo degli stessi come combustibile in impianti non dedicati di produzione di energia rinnovabile.
 
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