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La modifica di un impianto autorizzato in A.U.A. o in A.I.A. Quando tale modifica è da ritenersi sostanziale ?

di Francesco Marazzi

Categoria: AIA

 

 
Le piccole e medie imprese che hanno impianti autorizzati con l’Autorizzazione Unica Ambientale (di seguito A.U.A.) disciplinata dal D.P.R. 59/2013[1] o quelle che, invece, esercitando ad esempio una o più attività di cui all’Allegato VIII alla parte seconda del D.L.vo 152/2006[2], rientrano nella disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito A.I.A.), in qualità di “gestori”, spesso hanno difficoltà a gestire appunto tutto quanto concerne la modifica dei propri impianti e quindi dell’autorizzazione stessa.
 
Per quanto riguarda l’AIA è importante precisare che essa non si applica esclusivamente alle sole attività riportate nell’allegato VIII alla parte seconda del D.L.vo n. 152/2006, ed alle attività connesse svolte dallo stesso gestore dell’installazione, ma anche ad attività accessorie di gestori terzi. Pertanto, risulta indispensabile sapere cosa si debba intendere per attività connessa, in quanto di essa non vi è alcuna definizione né nella direttiva 2010/75/UE né nel D.L.vo n. 152/2006.
 
Il problema si era già posto a seguito del primo recepimento della direttiva 1996/61/CE, ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio aveva fornito indirizzi specifici con la circolare del 13 luglio 2004.
 
Il concetto di attività connessa è stato riformulato con la circolare del Ministero dell’ambiente del 27 ottobre 2014, prot. 22295, che intende come attività accessoria una attività:
 

  1. “svolta nello stesso sito dell’attività IPPC, o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell’attività IPPC per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell’attività IPPC e
  1. le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell’attività IPPC (in particolare nel caso in cui il loro fuori servizio determina direttamente o indirettamente problemi all’esercizio dell’attività IPPC)”.

Il tema della “modifica” rappresenta spesso una questione di difficile comprensione e gestione su tutti i livelli (operativo e gestionale) ed in particolare non è sempre stato di semplice interpretazione sia dal punto di vista della normativa sia della giurisprudenza, che si è pronunciata più volte in merito alla definizione di “modifica sostanziale”.
 
La durata delle autorizzazioni ambientali di solito coincide con tempistiche spesso lunghe, che vanno da un minimo di 4/5 fino ad un massimo di 15 anni, come nel caso dell’A.U.A. e non sempre riescono a tener conto delle evoluzioni e degli aggiornamenti/cambiamenti per qualunque tipologia di impresa. In particolare per quanto riguarda l’A.U.A. che avendo una valenza di quindici anni, ossia periodo molto lungo, durante il quale è inevitabile che la realtà in cui gli stabilimenti si trovano subisca cambiamenti, sia di tipo ambientale, sia di tipo pianificatorio, pertanto il legislatore ha previsto, al comma 5 dell’art. 5, la possibilità che l’autorità competente imponga sua sponte il rinnovo dell’A.U.A. o la revisione delle prescrizioni.
 
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Ciò sarà possibile quando:

  • le prescrizioni impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione settoriali;
  • sia reso necessario da nuove disposizioni legislative nazionali comunitarie.[3]
  1. La modifica di un impianto in A.U.A.

Il tema della modifica per gli impianti autorizzati in A.U.A. va affrontato partendo da una rapida analisi di quanto previsto dall’articolo 6 del D.P.R. n. 59/2013, che precisa chiaramente come deve comportarsi il gestore ed introduce, tra le righe, anche l’ipotesi del silenzio assenso da parte della P.A.:
 
1. Il gestore che intende effettuare una modifica dell’attività o dell’impianto ne dà comunicazione all’autorità competente e, salvo quanto previsto dal comma 3, nel caso in cui quest’ultima non si esprima entro sessanta giorni dalla comunicazione, può procedere all’esecuzione della modifica. L’autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l’autorizzazione in atto e tale aggiornamento non incide sulla durata dell’autorizzazione.

  1. Il gestore che intende effettuare una modifica sostanziale presenta una domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 4.
  2. L’autorità competente, se ritiene che la modifica comunicata ai sensi del comma 1 è una modifica sostanziale, nei trenta giorni successivi alla comunicazione medesima, ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 4 e la modifica comunicata non può essere eseguita sino al rilascio della nuova autorizzazione.
  3. Le Regioni e le Province Autonome possono, nel rispetto delle norme di settore vigenti, definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare modifiche non sostanziali per le quali non vi è l’obbligo di effettuare la comunicazione di cui al comma 1.

Il gestore di un impianto in A.U.A. si ritrova quindi “obbligato” ad inviare, sempre e comunque, una comunicazione all’autorità competente per ogni tipologia di modifica che esso intende apportare al proprio impianto già autorizzato.
 
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In particolare per quanto riguarda quali modifiche vanno comunicate alle amministrazioni competenti, su questo punto è intervenuta la giurisprudenza, con una recente sentenza [4] del Tribunale Amministrativo Regionale della Regione Puglia che, in linea con quanto previsto nella normativa sopracitata, ha precisato quanto segue: “Dalla lettura delle disposizione del D.P.R. n. 59/2013, emerge chiaramente come vada comunicata, da parte dei soggetti istanti l’A.U.A., ogni modifica che “possa produrre effetti sull’ambientee, dunque, ogni modifica relativa all’utilizzo di sostanze e di cicli di prodotto. Pertanto, ai fini dell’applicabilità della norma, non rileva che la modifica introdotta sia poi ritenuta, a seguito di concreta valutazione espletata dalle amministrazioni competenti, non influente sull’ambiente, posto che la modifica debba essere comunicata anche solo se potenzialmente idonea a produrre effetti sull’ambiente.
 
Nel caso quindi di una modifica sostanziale, come prevede l’art. 6 comma 2 del D.P.R. n. 59/2013, il gestore è obbligato a presentare una nuova domanda di A.U.A.
 
Pertanto si segnala che i 15 anni decorreranno dalla data di rilascio della nuova autorizzazione.[5]
 
Eppure in generale non è sempre chiaro per un gestore come definire una modifica dell’impianto, se “sostanziale” oppure no.
 
Si segnala in merito una sentenza [6] del Consiglio di Stato, il quale è stato interpellato da una società in merito alla considerazione di una modifica sostanziale nell’ambito specifico delle emissioni in atmosfera, e che di fatto è andata a confermare quanto già pronunciato dal T.A.R. della Regione Emilia Romagna, con la sentenza n. 678/2018, fornendo una utile precisazione in merito alla definizione di modifica sostanziale: “Dal complessivo apprezzamento delle definizioni normative recate dall’art. 268 del d.lgs. n. 152/2006, che, in quanto contenute in un provvedimento legislativo, hanno natura imperativa ed inderogabile, si desume che ciò che rileva, ai fini della classificazione come “sostanziale” di una “modifica”, è il potenziale incremento, quantitativo o qualitativo, delle “emissioni in atmosfera” rispetto al precedente assetto produttivo. In altre parole, è “sostanziale” la “modifica” che aumenta, quantitativamente o qualitativamente, l’impatto inquinante (inteso come specificato supra) dello stabilimento rispetto alla situazione pregressa: il riferimento per valutare l’incremento delle emissioni non è costituito dal limite teorico massimo fissato a suo tempo dall’Amministrazione, ma dall’effettivo e concreto livello delle emissioni conseguente all’attuale assetto produttivo dello stabilimento”.
 
1.1. Esempio di modifica non sostanziale: il caso della voltura
 
Qualora intervengano delle variazioni nella titolarità di un A.U.A., già in essere, ovvero della partita IVA, o della forma societaria, ed in assenza di altre modifiche (es. modifiche impiantistiche o variazioni di scarichi/emissioni e quindi necessità di aggiornamento dei relativi limiti) occorre che il nuovo gestore presenti un’istanza di voltura (detta anche comunicazione di subentro) attraverso i canali previsti presso il SUAP territorialmente competente, compilare quindi la domanda e versare i relativi oneri istruttori previsti per tale procedimento.
 
1.2 Le sanzioni dell’A.U.A.
 
Un ulteriore aspetto critico dell’A.U.A. si rinviene nel fatto che il DPR 59/13 non prevede sanzioni in caso di mancata ottemperanza alle norme in esso contenute.
 
Per come è stato concepito il procedimento unico in predicato non si può ritenere che valgano per relationem le sanzioni previste dalle norme settoriali, in quanto l’A.U.A. è una nuova autorizzazione che sostituisce determinati titoli ambientali e non sostanzia un semplice atto nel quale essi confluiscono.
 
Non v’è dubbio che l’A.U.A. vada di fatto intesa come l’A.I.A.; per quest’ultima il legislatore ha giustamente individuato disposizioni specifiche in caso di mancato rispetto delle condizioni del titolo III-bis del D. Lvo. 152/06, e precisamente agli artt. 29-decies e 29-quattuordecies, indicanti rispettivamente i provvedimenti amministrativi e le sanzioni previste in caso di inottemperanza.
 
Tuttavia, il fatto che sussistano ancora le competenze dei “soggetti competenti in materia ambientale”, ossia “le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, in base alla normativa vigente, intervengono nei procedimenti sostituiti dall’autorizzazione unica ambientale”, lascia pensare che l’A.U.A. sia assimilabile ad una procedura che accorpa i vari titoli necessari modificandone esclusivamente la durata, senza prevedere valutazioni integrate, come invece avviene con l’A.U.A.
 
Pertanto, nonostante l’A.U.A. sia un obbligo, non sono ancora stati stabiliti con certezza gli strumenti coercitivi per regolamentarla, e sarebbe opportuna l’emanazione di un atto avente forza di legge che stabilisca le sanzioni del caso.
 
Un primo tentativo di colmare la lacuna, ma incompleto in quanto limitato a due violazioni riguardanti le emissioni in atmosfera, è stato posto in essere con il D. L.vo 183/17 che ha modificato l’art. 279 del D. L.vo 152/06. Tale norma, ha introdotto sanzioni nei confronti di gestori non in possesso dell’A.U.A. (o meglio, per l’espressione adottata dal legislatore, dell’autorizzazione prevista dal “decreto di attuazione dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35”) in caso di modifica sostanziale di stabilimento e di gestori che non hanno provveduto ad inviare la prescritta comunicazione in caso di modifica non sostanziale. [7]
 
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  1. La modifica di un impianto in A.I.A.

Anche in questo caso si ritiene opportuno riesaminare le definizioni fornite alle lettere l) ed l-bis) del comma 1 dell’art. 5 del D.L.vo n.152/2006, in base alle quali:

  • è modifica di una installazione (la definizione si riferisce, erroneamente, ancora all’impianto) una variazione delle sue caratteristiche o del suo funzionamento, ovvero un suo potenziamento, che possa produrre effetti sull’ambiente;
  • è modifica sostanziale di una installazione (anche in questo caso la definizione si riferisce impropriamente all’impianto): la variazione delle caratteristiche del funzionamento ovvero un potenziamento della medesima che, secondo l’autorità competente, produca effetti negativi e significativi sull’ambiente. In particolare, per le categorie per le quali nell’allegato VIII è indicato un valore di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa.[8]

 
Il gestore dell’installazione ogni qual volta decide di eseguire una modifica deve rispettare l’iter procedurale previsto dall’art. 29 nonies del D.L.vo n.152/2006: “«1. Il gestore comunica all’autorità competente le modifiche progettate dell’impianto, come definite dall’articolo 5, comma 1, lettera l). L’autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.»
 
Da una rapida lettura del seguente articolo la procedura risulta essere molto chiara e sembrerebbe quindi ancor più semplice del caso sopra menzionato di una comunicazione di modifica dell’AUA. Si ricorda però che anche in caso di modifica non sostanziale dell’AIA è necessario darne comunicazione all’ente competente altrimenti si rischia una sanzione amministrativa.
 
Su quest’ultimo punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione Penale con la nota sentenza n.44887 del 28 ottobre 2014 [9] che precisava quanto segue: “Il rinnovato testo normativo dell’ art. 29, co. quattordecies, D. lvo n. 152/2006 dispone che nel caso in cui per l’esercizio dell’impianto modificato è necessario l’aggiornamento del provvedimento autorizzativo, colui il quale sottopone la installazione ad una modifica non sostanziale senza avere effettuato le previste comunicazioni o senza avere atteso il termine di cui all’art. 29 nonies, co. 1, è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500,00 a euro 15.000,00. Nella specie è stata ritenuta migliorativa la modifica che si concretizzatasi nella sostituzione di precedenti caldaie con un’unica nuova.”
 
Nel caso invece in cui l’autorità competente reputi sostanziale la modifica, invita il gestore a presentare una nuova domanda di autorizzazione, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art.29-ter. Pertanto si dovrà procedere con la già esaminata procedura stabilita dagli art. 29-ter e 29-quater, ivi comprese, quindi, le misure di pubblicità e di partecipazione del pubblico interessato. Tale modo di procedere rende evidente che un’omessa espressione da parte dell’autorità competente, entro il termine previsto, abilita, di fatto, l’intervento progettato, non lasciando ad essa la possibilità di diniegare a posteriori; si è in presenza, quindi, di una sorta di silenzio assenso, che obbliga l’autorità competente ad esprimersi tassativamente entro il termine di 60 giorni, qualora giudichi sostanziale la modifica. La procedura prevista in caso di modifica sostanziale può comunque essere attivata direttamente dal gestore.[10]
 
Sempre nell’ottica di fornire ulteriori spunti di chiarimento sulla definizione di modifica sostanziale e dello specifico caso di silenzio assenso della P.A. è interessante segnalare anche un’altra sentenza in particolare la n. 221 del 9 gennaio 2018, dove la sezione III della Corte di Cassazione Penale, si era pronunciata in merito al superamento del quantitativo massimo di rifiuti per i quali il gestore era stato autorizzato: “Il meccanismo del silenzio assenso può avere ad oggetto variazioni non sostanziali rispetto al precedente contenuto dell’AIA, mentre per ciò che concerne le variazioni sostanziali – e la variazione avente ad oggetto la quantità dei rifiuti trattabili costituisce una variazione che, attendendo alla attività stessa di gestione dei rifiuti, ha le caratteristiche, una volta intervenuta, di modificare, incidendo direttamente sui parametri ambientali, la sostanza stessa della AIA- esse non possono essere assentite se non a seguito di specifico ed espresso provvedimento da parte dell’Amministrazione cui è demandata la cura dell’interesse pubblico coinvolto, nella specie la Amministrazione provinciale”.
 
2.1 Sanzioni
 
Per i gestori di impianti in A.I.A. il tema sanzionatorio è anch’esso altrettanto delicato, specialmente per i rischi e le responsabilità del gestore stesso.
 
Si ricorda infatti che chiunque esercita una delle attività di cui all’Allegato VIII, Parte II del D.L.vo 152/2006, in caso di violazione di una prescrizione contenuta nell’A.I.A., soggiace alle sanzioni sia penali che amministrative contenute nell’art. 29-quattuordecies, D.L.vo 152/06. Quelle penali, in particolare, sono stabilite dall’Autorità giudiziaria, mentre quelle amministrative sono irrogate dal Prefetto per le installazioni di competenza statale, oppure dall’Autorità competente per tutte le altre installazioni.
 
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Le sanzioni di cui all’art. 29-quattuordecies, per espressa previsione del comma 14, sostituiscono quelle previste dalle norme di settore che, tuttavia, sono applicabili se “configurino anche un più grave reato”. Si noti, inoltre, che alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 29-quattuordecies non si applica il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’art. 16, L. 24 novembre 1981, n. 689.
 
Il comma 9 dell’art. 29-decies, D.L.vo 152/06 prevede che in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, ferma l’applicazione delle sanzioni contenute nell’art. 29-quattuordecies, l’Autorità competente proceda, secondo la gravità delle infrazioni:
 
alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui – fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia – devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l’autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità;

alla diffida e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all’anno;

alla revoca dell’autorizzazione e alla chiusura dell’installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l’ambiente;

alla chiusura dell’installazione, nel caso in cui l’infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.
 
Le violazioni di una o più prescrizioni contenute all’interno dell’A.I.A. possono essere rilevate anche in sede di autocontrollo, come ad esempio durante un’attività di audit ambientale. Lo ha confermato recentemente anche la Corte di Cassazione che è intervenuta a riguardo recentemente con la sentenza n. 48401 del 28 novembre 2019 [11] precisando che :” L’accertamento della violazione delle prescrizioni ben può scaturire dalla comunicazione obbligatoria da parte del gestore dell’impianto dei risultati in sede di autocontrollo, essendo, il gestore, soggetto tenuto all’effettuazione di analisi in sede di autocontrollo e poi all’inoltro dei dati così rilevati.”
 
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In seguito al recepimento delle modifiche presenti nella Direttiva 2010/75/CE, attraverso il D.L.vo 46/2014, la corte di Cassazione Penale ha precisato prima con la sentenza n. 14741 dell’11 aprile 2016 quanto segue:” Per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. 46/2014 all’art. 29 quattuordecies T.U.A., il caso di mera inosservanza delle prescrizioni AIA o di quelle imposte dall’autorità competente (non rientrante in alcuna delle ipotesi previste dai commi 3 e 4), in base alla nuova previsione contenuta nel comma 2, è punito con la sola sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 15.000 euro, non essendo più previsto dalla legge come reato” e successivamente con l’ordinanza n.27171[12] del 19 giugno 2019 che: Il D.L.vo 46/2014 è intervenuto depenalizzando in parte la condotta di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’art. 29-quattordecies, comma 2. Il terzo comma dell’art.29-quattordecies del D.L.vo n.152 del 2006, lett. b, tuttavia, sanziona ancora penalmente, sempreché il fatto non costituisca più grave reato, la condotta di chi, pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, nei casi in cui l’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione o di quelle imposte dall’autorità competente sia relativa alla gestione dei rifiuti. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che gli indagati non avessero correttamente smaltito, secondo la disciplina dei rifiuti, fanghi e liquidi oleosi, da cui la sussistenza dell’inottemperanza alla lett. b) e della conseguente perdurante natura penale dell’inosservanza alle prescrizioni dell’AIA, non oggetto di depenalizzazione)”[13].
 
2.2. Il riesame dell’AIA[14]
 
Con l’entrata in vigore del D.L.vo n. 46/2014, l’autorità competente procede al riesame dell’AIA nei seguenti casi:
 
entro 4 anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di un’installazione;
quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’AIA o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione; il termine di 10 anni aumenta a 12 o 16 anni per le installazioni che all’atto del rilascio dell’AIA (o dei successivi riesami) siano risultate rispettivamente certificate UNI EN ISO 14001 o registrate EMAS;
a giudizio della stessa autorità competente o, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, si renda necessaria la revisione o l’integrazione dei valori limite di emissione fissati nell’AIA per effetto dell’entità dell’inquinamento generato dall’installazione ed in particolare qualora sia accertato che le prescrizioni stabilite nell’autorizzazione non garantiscano il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
quando le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;
quando una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante ritenga che si debbano adottare altre tecniche per la sicurezza di esercizio del processo o dell’attività;
qualora sia reso necessario da nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali o da norme di qualità ambientali;
quando siano stati fissati limiti di emissione con tempi di riferimento diversi da quelli delle BAT-AEL e la prevista verifica periodica del rispetto della corrispondenza delle emissioni prodotte alle BAT-AEL riferite a condizioni di esercizio normale abbia dato esito negativo (fattispecie di cui alla lettera b) del co. 4-bis dell’art. 29-sexies) senza evidenziare violazioni delle prescrizioni rendendo necessario l’aggiornamento dell’AIA per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni corrispondano alle BAT-AEL.
 
Per le casistiche riportate ai precedenti punti 4, 5, 6 e 7, il riesame può riguardare anche solo una parte delle installazioni. Le modalità del riesame sono stabilite dal co. 5 dell’art. 29-octies al quale si rimanda. In base a quanto previsto dal co. 7 dell’art. 29-quater, il riesame può essere richiesto anche dal Sindaco qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica e tramite un motivato provvedimento corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell’autorizzazione.
 
Il riesame ha l’obiettivo di garantire che le installazioni si adeguino alle conclusioni sulle BAT che sono state eventualmente aggiornate rispetto a quando è stata rilasciata o riesaminata per l’ultima volta l’autorizzazione e di rivedere le prescrizioni dell’AIA visto che potrebbero mutare anche le condizioni del sito e quelle ambientali. In particolare, con il riesame l’autorità competente deve garantire che le condizioni delle AIA siano conformi alle conclusioni sulle BAT entro quattro anni dalla loro pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dell’UE, affinché entro il medesimo termine, improrogabile, le installazioni rispettino le condizioni delle AIA aggiornate in base alle conclusioni sulle BAT.
 
Piacenza, 2 Marzo 2020

 

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[1]Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59, Regolamento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.124 del 29 maggio 2013 – Suppl. Ordinario n. 42, in vigore da 13 giugno 2013.

[2] Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale pubblicate in G.U. n. 88 del 14 aprile 2006

[3] “A.U.A. ed A.I.A.” di Leonardo Benedusi e Giannicola Galotto (ed. 2019), 3.13 Rinnovo dell’A.U.A. e modifiche

[4] Sentenza TAR Puglia n. 524 del 2 Aprile 2019.

[5] Supporto all’operatività della riforma in materia di semplificazione – A.U.A. Webinar del 22 novembre 2018.

[6] Consiglio di Stato, Sez. IV – sentenza n. 6071 del 3 settembre 2019.

[7] Tratto da A.U.A. ed A.I.A. (ed. 2019) di Leonardo Benedusi e Giannicola Galotto – 3.14. Sanzioni

[8] A.U.A. e A.I.A di Leonardo Benedusi e Giannicola Galotto – 7. Riesame dell’A.I.A. e modifiche del gestore

[9] Cass. Sez. Pen. III – sentenza n.44887 del 28 ottobre 2014.

[10] “A.U.A. ed A.I.A.” di Leonardo Benedusi e Giannicola Galotto (ed. 2019), 7 Riesame dell’A.I.A. e modifiche del gestore.

[11] Cass. Pen. – Sez. III, sentenza n. 48401 del 28 novembre 2019.

[12] Cass. Pen. Sez. VII, n. ord. n.27171 del 19 giugno 2019.

[13] A.U.A. ed A.I.A. (ed. 2019) di Leonardo Benedusi e Giannicola Galotto – Giurisprudenza.

[14] Tratto dal volume “La gestione ambientale” (ed. 2015) di Stefano Maglia, Paolo Pipere, Luca Prati, Leonardo Benedusi.

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