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Stefano Maglia

Rifiuti: facciamo il punto sul produttore giuridico!

di Stefano Maglia, Elena Mussida

Categoria: Rifiuti


 
Chi è il “produttore giuridico” del rifiuto? Quando rileva tale figura e come si differenzia dal “produttore materiale”? Questi e molti altri interrogativi legati alla definizione di “produttore del rifiuto” sono sorti a seguito della modifica apportata all’art. 183, comma 1, lett. f) del Testo unico ambientale ad opera della Legge 6 agosto 2015, n. 125[1]. Vediamo quindi di ripercorrere brevemente i passaggi normativi che hanno interessato tale definizione: fino al 14 agosto 2015, ossia il giorno precedente all’entrata in vigore della Legge 6 agosto 2015, n. 125, l’art. 183, comma 1, lett. f) del D.L.vo 152/2006 identificava il produttore dei rifiuti unicamente come “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale di rifiuti) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”; successivamente, dal 15 agosto 2015 la nozione di produttore si è ampliata ricomprendendo non solo “il soggetto la cui attività produce rifiutima anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione”. Stando quindi al dato letterale della norma, sia il “produttore materiale” (ossia quel soggetto la cui attività produce rifiuti), sia il “produttore giuridico” (ossia quel soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione) dovrebbero, ad oggi, qualificarsi come “produttori iniziali” del rifiuto. La versione attuale dell’art. 183, comma 1, lett. f) del D.Lvo 152/2006 è difatti la seguente: “f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
 
L’attuale nozione di “produttore” ha sin da subito sollevato non pochi dubbi interpretativi e la dottrina si è espressa subito sfavorevolmente[2] rispetto a tale – apparentemente ingiustificata – duplicazione dei soggetti aderenti alla definizione di “produttore iniziale di rifiuti”, nonché duplicazione dei conseguenti oneri e responsabilità legati a tale figura. Oltretutto, la dottrina non ha tardato a sottolineare che la modifica normativa non conosce eguali in Europa e che la nuova definizione di “produttore del rifiuto” si discosta persino dalla definizione fornita dalla stessa Direttiva 98/2008/CE[3].
 
Evidenti problemi pratici conseguenti all’ampliamento della nozione sono sorti in modo particolare in relazione alla corretta individuazione del produttore nel caso di sottoscrizione di contratto di appalto, sub appalto o in caso di manutenzione; in tutti questi casi, difatti, ci si è chiesti se oltre al produttore materiale dei rifiuti, individuato, di regola, nel soggetto appaltatore o manutentore, dovesse essere considerato come produttore iniziale anche il produttore giuridico, e quindi il committente, da ritenersi come “il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile” la produzione dei rifiuti materialmente prodotti dall’appaltatore.
 
Tuttavia, dall’analisi della relazione illustrativa alla Legge 6 agosto 2015, n. 125, emerge che l’ampliamento della nozione di produttore è stata giustificata dal legislatore facendo esplicito riferimento ad una specifica pronuncia della Corte di Cassazione, intervenuta prima delle modifiche normative, che qui si riporta:
 
Cass. Pen. Sez. III n. 11029 del 16 marzo 2015: “L’appaltatore, in ragione della natura del rapporto contrattuale, che lo vincola al compimento di un’ opera o alla prestazione di un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio è, di regola, il produttore del rifiuti; su di lui gravano i relativi oneri, pur potendosi verificare casi in cui, per la particolarità dell’obbligazione assunta o per la condotta del committente, concretatasi in ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore, detti oneri si estendono anche a tale ultimo soggetto”.
 
È di tutta evidenza che, in realtà, la sentenza non afferma nulla di quanto è stato inserito nell’art. 183, in quanto nella sentenza si deduce con chiarezza che l’appaltatore è di regola il produttore dei rifiuti, in qualità di produttore materiale dei medesimi (“criterio materialistico”), per cui il produttore inziale di rifiuti è colui che “materialmente li produce”; tuttavia, possono presentarsi anche casi in cui la condotta del committente si concretizzi in ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore, tale da estendere gli obblighi inerenti alla corretta gestione dei rifiuti anche su di esso che, in tal caso, si configurerebbe come “produttore giuridico”, sulla scorta della nozione stabilita dall’art. 183, comma 1 . lett. f). In sostanza, quindi, non vi è alcuna “duplicazione automatica” della figura del produttore iniziale del rifiuto che rimane sempre e comunque il “produttore materiale”; la nozione di “produttore giuridico”, nell’ambito del contratto di appalto, può acquisire rilevanza solamente a seguito di un’ingerenza o controllo diretto da parte della committente nella gestione dei rifiuti prodotti dall’appaltatore.
 
L’interpretazione proposta dalla Cassazione, quindi, prevede una sorta di “doppia responsabilità”: la prima dell’appaltatore, che risulta “di regola” il produttore dei rifiuti, la seconda del committente, che si assomma alla prima (si noti l’utilizzo dell’avverbio “anche”), ma esclusivamente nei casi in cui la particolarità dell’obbligazione assunta oppure l’ingerenza o il controllo diretto esercitato sull’attività dell’appaltatore determinino un’estensione degli oneri in tema di gestione dei rifiuti anche a tale soggetto[4].

 
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Questa interpretazione relativa alla figura del “produttore” è in linea anche con quanto stabilito dalla più recente giurisprudenza in tema di contratto d’appalto e identificazione del soggetto produttore del rifiuto; in conclusione, si riportano, in particolare, alcune delle sentenze più significative:
 
Cass. Pen. Sez. III n. 223 del 9 gennaio 2018: “in ipotesi di esecuzione di lavori attraverso un contratto di appalto, è l’appaltatore che – per la natura del rapporto contrattuale da lui stipulato ed attraverso il quale egli è vincolato al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio dell’intera attività riveste generalmente la qualità di produttore del rifiuto; da ciò ne deriva che gravano su di lui, ed in linea di principio esclusivamente su di lui, gli obblighi connessi al corretto smaltimento dei rifiuti rivenienti dallo svolgimento della sua prestazione contrattuale, salvo il caso in cui, per ingerenza o controllo diretto del committente sullo svolgimento dei lavori, i relativi obblighi si estendano anche a carico di tale soggetto”.
 
Cass. Pen. Sez. III n. 19152 del 4 maggio 2018: “La responsabilità della stazione appaltante, in relazione alla eventuale produzione di rifiuti derivanti dalla esecuzione della prestazione dedotta in obbligazione contrattuale, e ciò deve valere tanto più ove il fatto concernente la eventuale gestione di rifiuti sia esulante rispetto alla immediata esecuzione di quanto dedotto in contratto, è limitata ai casi in cui sia stata dimostrata un’ingerenza nella esecuzione dell’opera ovvero un controllo diretto su quest’ultima da parte del committente, tale da comportare l’estensione anche a carico di questo dei doveri diversamente concernente il solo soggetto appaltatore ”.
 
Cass. Pen. Sez. III n. 39952 del 30 settembre 2019: “a prescindere dagli accordi relativi agli oneri di smaltimento, che nella prassi spesso trasferiscono all’appaltatore mere attività operative e mantengono sull’appaltante, per ragioni di politica aziendale, gli oneri materiali ed economici dello smaltimento dei rifiuti – la responsabilità in ordine al complessivo iter di smaltimento, secondo quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 183, comma 1, lettera f), e 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, rimane congiuntamente in capo al produttore giuridico, al produttore materiale e al detentore dei rifiuti. In sintesi, il mancato trasferimento degli oneri di smaltimento nell’ambito del contratto di appalto non comporta il venir meno della responsabilità del produttore materiale dei rifiuti per le attività poste in essere dai soggetti deputati, a qualsiasi titolo, allo smaltimento medesimo”.
 
Cass. Pen. Sez. III n. 847 del 13 gennaio 2020: Si constata, innanzitutto, l’assenza di una fonte legale o contrattuale che preveda espressamente un dovere del committente di garantire il rispetto della norma in materia rifiuti da parte di colui che materialmente li origina (appaltatore). Tuttavia, il committente è personalmente responsabile qualora abbia concorso, a vario titolo, nell’illecita gestione dei rifiuti. È possibile distinguere tre ipotesi:
 
1) I rifiuti prodotti dall’appaltatore vengono depositati temporaneamente all’interno di un’area messa a disposizione dal committente/proprietario, che ne cede la completa disponibilità e quindi la custodia ex art. 2051 c.c. all’appaltatore;
 
2) Il committente mantiene il controllo dei lavori, e dunque anche della gestione dei rifiuti prodotti (trasporto, recupero e smaltimento degli stessi);
 
3) Il committente non ha alcuna ingerenza della gestione dei rifiuti prodotti materialmente dall’appaltatore ed i rifiuti non vengono depositati in un’area nella sua disponibilità.
 
Nella prima ipotesi, il proprietario/committente dell’opera cede la completa disponibilità dell’area all’appaltatore, nonché la custodia della stessa, con conseguente assenza di un obbligo giuridico di verificare la corretta gestione dei rifiuti o verificare le modalità e la tempistica di deposito. Tuttavia, è possibile affermare che risponde del reato di discarica abusiva il proprietario dell’area ove i rifiuti sono posti da terzi previo accordo con il primo ed al fine di collocarli definitivamente sul posto (anche ove utilizzati per la realizzazione di opere sul terreno medesimo) configurando tale condotta una diretta partecipazione al reato.
 
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Nella seconda ipotesi, l’appaltatore è mero esecutore dell’opera commissionata dal committente, sotto la cui supervisione gestirà anche i rifiuti materialmente prodotti. Il committente diviene pertanto “produttore giuridico” dei rifiuti, mantenendo così la posizione di garanzia ex art. 40 c.p. Tale gestione, ovviamente, potrà anche essere “condivisa”, con conseguente applicabilità dell’art. 110 c.p. Non applicabile è pertanto quella giurisprudenza che esclude la posizione di garanzia da parte del committente con riferimento all’attività di smaltimento di rifiuti realizzata dall’appaltatore, la quale, comunque, fa salva l’ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato.
 
Nella terza ipotesi, il committente dell’opera, dalla cui realizzazione derivano rifiuti prodotti all’appaltatore, non intervenendo in alcun modo nella gestione dei rifiuti, lascia autonomia organizzativa e gestionale all’appaltatore, sicché non può assumere una posizione di garanzia al riguardo.”
 
Per aggiornamenti sul tema si rimanda al commento “Produttore giuridico: sorprendente “revirement” della Cassazione
 
[1] Legge 6 agosto 2015, n. 125 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali.

[2] Sul punto si veda, in particolare: S.MAGLIA – D.L. “Salva aziende”: quali effetti producono le nuove nozioni di “produttore”, “raccolta” e “deposito temporaneo” di rifiuti?”; S.MAGLIA – Produttore iniziale di rifiuti: il punto della situazione; S.MAGLIA – La gestione dei rifiuti dalla A alla Z – quesito n. 239: “ Qual è la nozione di produttore?”

[3] Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.

[4] Sul punto si veda G. GUAGNINI – Appalto e individuazione del produttore di rifiuti: le ultime indicazioni della giurisprudenza.

 

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