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Stefano Maglia

Stoccaggio rifiuti: le Linee Guida per la prevenzione del rischio incendio della Circolare 1121/2019

di Stefano Maglia, Linda Maestri

Categoria: Rifiuti

Con la Circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019 il Ministero dell’Ambiente ha adottato le nuove “Linee Guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, che individuano nel dettaglio e con taglio pratico percorsi utili per prevenire e gestire eventuali situazioni critiche. Prima di analizzarla, però, facciamo un passo indietro.

impiantorecuperorifiuti

Cos’è successo

Nel territorio nazionale, l’attuale condizione degli impianti che gestiscono rifiuti non è delle più rosee. Ci troviamo, si sa, in una situazione precaria, incerta, dinamica e volubile: da un lato, il Consiglio di Stato che “blocca” di fatto le autorizzazioni end of waste caso per caso[1], dall’altro un Governo che non riesce a trovare una linea comune per uscire dall’impasse ed incardinare il Paese verso l’inflazionatissima Economia Circolare, poi ci sono i NOE, quotidianamente impegnati a sequestrare discariche, aree ed impianti abusivi e a sventare organizzazioni dedite al traffico illecito di rifiuti.
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In tutto questo caos, l’ultimo periodo ha visto diffondersi numerosi episodi di incendi in impianti di trattamento di rifiuti, ai quali il Ministero dell’Ambiente ha reagito, in prima battuta, coordinandosi con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, le amministrazioni regionali e le agenzie ambientali, con l’adozione delle Linee Guida operative tese alla prevenzione del rischio incendio negli impianti che gestiscono rifiuti, pubblicate nella Circolare n. 4064 del 15 marzo 2018.
Alla fine del 2018, andava in Gazzetta Ufficiale la Legge di conversione del cosiddetto “Decreto Sicurezza[2] (Legge 132/2018[3]), con una sorpresa: a decorrere dal 4 dicembre 2018, con il nuovo art. 26-bis[4] veniva posto in capo ai gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, l’obbligo di predisporre un piano di emergenza interna. La portata – volutamente – generale della disposizione (che a ben guardare sembrerebbe applicabile, indistintamente, a tutti gli impianti, a prescindere dalla dimensione e dal regime autorizzatorio, nonché dalla tipologia dei rifiuti trattati e dalle operazioni svolte[5]) riflette l’intenzione del Legislatore di porre l’attenzione sulla questione della sicurezza degli impianti, alla luce dei numerosi episodi di incendio degli ultimi mesi.

 

A questo punto, il Ministero dell’Ambiente ha nuovamente scelto di intervenire sul fronte operativo, e lo ha fatto anche considerando “alcune pertinenti osservazioni presentate” sulla precedente circolare n. 4064/2018, che ha quindi deciso di annullare e sostituire con la nuova circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, allo scopo di ottimizzarne ed aggiornarne i relativi contenuti. La traccia, infatti, è sempre la stessa: contesto autorizzativo degli stoccaggi dei rifiuti, garanzie finanziarie, prevenzione del rischio negli impianti che gestiscono rifiuti, prescrizioni da richiamare nelle autorizzazioni, modalità di gestione degli impianti e controlli.

Vediamole nel dettaglio.

 

Quali sono le novità delle nuove Linee Guida?

Mantenendo l’indice tematico delle precedenti Linee Guida adottate con la circolare n. 4064/2018, nel nuovo testo viene subito precisato a quali impianti si riferiscano questi criteri operativi, vale a dire:

– Stoccaggi di rifiuti ai sensi dell’articolo 183, lett. aa)[6] del D.L.vo 152/2006, effettuati presso impianti che effettuano esclusivamente operazioni R13[7] e D15[8], e che quindi inviano i rifiuti ivi depositati ad altri impianti di destinazione finale (recupero o smaltimento);

– Stoccaggi di rifiuti ai sensi del medesimo articolo 183, lett. aa), in ingresso presso impianti che li sottopongono ad ulteriori operazioni di gestione riconducibili ai punti da R1 a R12 dell’allegato C alla parte quarta del D.L.vo 152/2006, ovvero ai punti da D1 a D14 dell’allegato B alla parte quarta dello stesso decreto;

– Stoccaggi o raggruppamenti di rifiuti comunque denominati, intermedi tra due o più fasi di trattamento, svolte nell’ambito del medesimo impianto di gestione dei rifiuti;

– Stoccaggi di rifiuti prodotti all’esito del trattamento, in attesa o già sottoposti all’eventuale caratterizzazione, per il successivo avvio verso le opportune destinazioni finali.

 

Quadro normativo

Sempre innovando la precedente circolare, viene ripercorso in premessa il quadro normativo in tema di prevenzione del rischio sul lavoro, evidenziando che “la valutazione del rischio nei luoghi di lavoro, compreso il rischio di incendio, è un obbligo che discende innanzi tutto dall’articolo 2087 del Codice Civile[9], che impone al datore di lavoro il dovere di adottare, anche dove manchi una specifica regola di prevenzione, le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e l’esperienza, a tutelare l’integrità fisica dei propri lavoratori. Il legislatore nazionale ha poi delineato nel tempo l’apparato prescrittivo rivolto a specificare sotto il piano tecnico il criterio posto dall’art. 2087 sopra citato, per poi realizzare con il d.lgs. n. 81 del 2008[10] [conosciuto come Testo Unico Sicurezza] il riassetto ed il coordinamento in un unico testo, armonizzato anche in attuazione delle numerose direttive comunitarie, delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”. A ciò si aggiungono il D.M. 10 marzo 1998 (“Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”), che stabilisce “i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro e le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi”, e le linee-guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti in vigore, relative allo stoccaggio ed alla movimentazione dei rifiuti di cui al D.M. 29 gennaio 2007[11].

 

Contesto autorizzativo degli stoccaggi

Gli impianti di stoccaggio operano nell’ambito di autorizzazioni integrate ambientali (AIA), di procedure ordinarie (art. 208 del D.L.vo 152/2006) e, per la sola operazione di recupero, attraverso procedure semplificate (art. 216 del medesimo decreto). Come già evidenziato nelle precedenti Linee Guida, anche nell’ultimo documento il Ministero sottolinea che alla pluralità delle procedure amministrative può seguire una “disomogenea applicazione delle modalità operative e delle buone pratiche comportamentali per una gestione ottimale e in sicurezza degli impianti”: da qui, si richiama nuovamente “l’importanza della individuazione puntuale del contesto autorizzativo ed operativo di tali attività”.

Quel che è nuovo, rispetto alla Circolare n. 4064/2018, è il riferimento alle linee guida sui contenuti minimi delle autorizzazioni [12], “in cui potranno essere forniti gli ulteriori elementi necessari affinché lo stoccaggio dei rifiuti, inteso quale operazione principale svolta nell’ambito di un impianto di gestione rifiuti ovvero quale operazione intermedia della lavorazione dello stesso, possa risultare autorizzato su tutto il territorio nazionale con le stesse modalità”: nelle more dell’adozione di quelle linee guida, la circolare n. 1121/2019, seppur non cogente, individua “alcuni elementi per la buona pratica di gestione degli stoccaggi”. E’ evidente, quindi, che si tratta di un documento non obbligatorio che, in assenza di una norma ad hoc, assume comunque un importantissimo ruolo indicatore, specialmente nell’ottica preventiva e cautelativa che è proprio quella che ispira l’intero documento.

In ogni caso, i criteri gestionali in commento devono affiancarsi ed integrare le disposizioni in materia di prevenzione incendi previste dal citato T.U. Sicurezza.

 

Garanzie finanziarie

Nulla di nuovo relativamente alle garanzie finanziarie previste nell’ambito delle procedure ordinarie di autorizzazione (art. 208 D.L.vo 152/2006), sicché è solamente il caso di riportarne i tratti essenziali. Il Ministero invita, ancora una volta, le autorità competenti al rilascio dell’autorizzazione ad includere tra le «misure precauzionali e di sicurezza» quelle concernenti il rischio di incendio correlato alle tipologie e quantitativi di rifiuti autorizzati: così facendo, è chiaro che nella definizione delle garanzie finanziarie l’autorità competente dovrà considerare anche le prescrizioni precauzionali riguardanti lo specifico rischio di incendio correlato alle tipologie di rifiuti autorizzati.

Corre l’obbligo di segnalare, infine, che nelle nuove Linee Guida non compare più il riferimento all’opportunità dell’estensione dell’obbligo di prestazione di idonee garanzie finanziarie anche agli impianti che operano in procedura semplificata, una delle previsioni in virtù delle quali Unicircular aveva chiesto la rettifica della circolare n. 4064/2018.

 

Prevenzione del rischio

Questa Sezione risulta pressoché inalterata rispetto alla precedente versione contenuta nella circolare n. 4064/2018, si tratta per lo più di precisazioni e riformulazioni più dettagliate, come vedremo di seguito.

Posta la conformità alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e alle norme generali e specifiche di prevenzione degli incendi, la prevenzione del rischio deve essere assicurata attraverso:

– l’ottimizzazione delle misure organizzative e tecniche;

– l’adeguata informazione e formazione del personale che opera negli impianti;

– il controllo e il monitoraggio delle sorgenti di innesco e delle fonti di calore;

– l’adeguata manutenzione delle aree, dei mezzi d’opera, degli impianti tecnologici e degli eventuali impianti di protezione antincendi.

 

Si parte dall’organizzazione interna dell’impianto, ove il Ministero suggerisce una adeguata sistemazione della viabilità interna e degli spazi, di modo da differenziare le aree di accettazione in ingresso, le aree di stoccaggio e di lavoro. In particolare, la nuova Circolare 1121/2019 aggiunge che occorre differenziare, tramite apposita segnaletica e cartellonistica, le aree destinate allo stoccaggio dei rifiuti per categorie omogenee e tenendo conto anche della natura e della pericolosità dei rifiuti, per prevenire incidenti dovuti ad eventuali contatti tra sostanze tra loro incompatibili. Altrettanto importante sarà mantenere in ordine le aree, rispettando le capacità massime di stoccaggio autorizzate, ed avendo cura di assicurare che la viabilità e gli accessi alle stesse siano sempre mantenuti sgomberi.

 

Quanto a movimentazione e stoccaggio, viene ribadito che i rifiuti liquidi devono essere stoccati in serbatoi ovvero contenitori a norma, in possesso di adeguati requisiti di resistenza, in relazione alle proprietà chimico-fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti stessi, opportunamente etichettati e dotati dei sistemi di sicurezza, con particolare riferimento al posizionamento in bacini a tenuta per contenimento di eventuali sversamenti in fase di movimentazione dei contenitori o di rottura dei medesimi. I rifiuti solidi, invece, possono essere stoccati anche in cumuli di altezza variabile o in fosse. Novità delle nuove Linee Guida è la precisazione sugli stoccaggi di rifiuti in fossa, che richiedono ai gestori di individuare procedure di intervento adeguate alla gravità dei singoli episodi di incendio, nonché le tecnologie più opportune alla prevenzione degli incendi che possono originarsi dalla eventuale combustione dei rifiuti.

 

Inalterate, poi, le considerazioni sulla formazione ed informazione del personale operante negli impianti: deve essere posta particolare attenzione all’individuazione di un numero adeguato di lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, che dovranno ricevere un’adeguata formazione e un aggiornamento periodico, secondo le indicazioni dell’art. 36 comma 9 del citato Testo Unico Sicurezza.

 

Si aggiunge che, oltre agli estintori portatili di adeguata capacità estinguente, che comunque devono essere sempre presenti, deve essere valutato il posizionamento di estintori carrellati e la realizzazione di un impianto idrico antincendio e di altri impianti di spegnimento manuali e/o automatici.

Risulta, poi, maggiormente dettagliata la precisazione circa il controllo e il monitoraggio delle sorgenti di innesco (dirette, indirette ovvero attrito e autocombustione) e delle fonti di calore: per evitare fenomeni di autocombustione, ovvero ridurre i rischi e gli eventuali danni conseguenti a possibili incendi o crolli, è opportuno garantire un’adeguata ventilazione degli ambienti laddove possibile, nonché limitare le altezze dei cumuli, ed assicurare che i quantitativi di rifiuti in ingresso all’impianto siano limitati a quelli autorizzati, ed effettivamente gestibili. Risulta, infatti che, se i rifiuti vengono mantenuti entro livelli di temperatura e umidità appropriati per il relativo processo, i rischi di combustione spontanea possono essere limitati al minimo, in particolare laddove il trattamento avvenga all’aperto.

Più dettagliata anche la parte relativa alla manutenzione, che richiama il gestore dell’impianto ad assicurare la regolare manutenzione delle aree, sia adibite agli stoccaggi sia all’eventuale trattamento dei rifiuti, e degli impianti tecnologici in base alle cadenze stabilite dal costruttore ovvero dalla legge, dei mezzi d’opera e degli eventuali impianti di protezione antincendi: egli è tenuto ad effettuare regolari ispezioni e manutenzioni alle aree di stoccaggio dei rifiuti, compresi fusti, serbatoi e bacini di contenimento, prestando attenzione ad ogni segno di danneggiamento, deterioramento o perdita.

 

Prescrizioni generali da richiamare negli atti autorizzativi

Tutto quanto sopra rilevato viene meglio dettagliato al paragrafo 5 della circolare 1121/2019, relativo alle prescrizioni generali da richiamare negli atti autorizzativi, che rimane inalterato rispetto alla precedente circolare 4064/2018.

 

Relativamente all’ubicazione degli impianti si ribadisce, anche se in modo più dettagliato, l’opportunità di “localizzare gli impianti secondo criteri che privilegiano zone per insediamenti industriali ed artigianali, aree industriali o di servizi dismesse, in accordo ai requisiti di compatibilità ambientale e in base alla disponibilità di un’adeguata rete viaria di collegamento, nel rispetto dei vincoli d’uso del territorio previsti dalle specifiche norme di settore”.

 

Per quel che riguarda l’organizzazione degli impianti, vengono individuate una serie di aree da prevedere all’interno di tutti gli impianti che gestiscono rifiuti:

– ufficio;

– area di ricezione dei rifiuti, destinata alle operazioni di identificazione del soggetto conferitore ed alle operazioni obbligatorie di pesatura/misura;

– area destinata allo stoccaggio dei rifiuti per categorie omogenee, dotata di superficie pavimentata (impermeabile laddove le caratteristiche del rifiuto lo richiedano), con una pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta a tenuta, laddove l’area risulti dotata di copertura; in caso di stoccaggi all’aperto (novità di questa nuova circolare), le pendenze delle relative superfici convogliano ad apposita rete di raccolta delle acque meteoriche, con separazione delle acque di prima pioggia, da avviare all’impianto di trattamento e successivo scarico;

– area per il deposito dei rifiuti fermentescibili adeguatamente attrezzata al controllo della temperatura degli stessi (ad esempio ambiente ombreggiato evitando l’uso dei teli, umidificazione e rivoltamenti della massa dei rifiuti);

locali chiusi attrezzati e con idonei requisiti antincendio, da destinarsi alla raccolta e stoccaggio dei rifiuti pericolosi, dei rifiuti non pericolosi allo stato liquido, e in generale di tutti quei rifiuti il cui processo di recupero può risultare inficiato dall’azione degli agenti atmosferici o che possono rilasciare sostanze dannose, e da destinarsi al trattamento dei rifiuti (laddove l’impianto non effettui solo raccolta e stoccaggio), muniti di apposita rete di drenaggio e di raccolta dei reflui, nonché di opportuni sistemi di aspirazione e trattamento dell’aria e di monitoraggio; “in casi specifici (come ad esempio per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione) le autorità competenti possono autorizzare il trattamento dei rifiuti anche su aree prive di copertura, purché ciò non infici il trattamento stesso e siano adottate le più opportune prescrizioni di mitigazione degli impatti”;

– area per il deposito delle sostanze da utilizzare per l’assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti accidentali;

– recinzione provvista di barriera esterna di protezione ambientale, realizzata in genere con siepi, alberature o schermi mobili etc. atti a limitare l’impatto anche visivo.

 

Di nuovo, rispetto alle precedenti Linee Guida, c’è che le aree interessate dallo scarico, dalla movimentazione, dallo stoccaggio e dalle soste operative dei mezzi devono poter sopportare i carichi statici e dinamici derivanti all’esercizio, nonché resistere ad aggressioni chimiche e meccaniche particolari laddove opportuno. Nella pratica industriale, tali prestazioni possono essere raggiunte “trattando la superficie di calcestruzzo, nuova o esistente, con resine epossidiche o altri specifici rivestimenti in grado di conferire caratteristiche desiderate quali effetto antipolvere, impermeabilità ai liquidi, resistenza chimica, resistenza all’attrito e agli urti. Per le aree che non necessitano, invece, del requisito di impermeabilizzazione, le autorità competenti possono consentire l’utilizzo di altri tipi di pavimentazione, come ad esempio il conglomerato bituminoso”.

 

Viene, poi, ribadito che i contenitori di rifiuti devono essere contrassegnati con etichette o targhe riportanti la sigla di identificazione che deve essere utilizzata per la compilazione dei registri di carico e scarico, cui segue l’elenco delle prescrizioni specifiche per recipienti fissi e mobili e serbatoi per i rifiuti liquidi (pag. 9).

Inalterati, anch’essi, i criteri di gestione degli impianti tecnologici e dei sistemi di protezione e sicurezza ambientale, per i quali si rinvia al paragrafo 5.3 della circolare 1121/2019, unicamente segnalando che in tutti gli impianti che gestiscono rifiuti deve essere previsto, tra gli altri, un “impianto di videosorveglianza, preferibilmente con presidio h24, salvo casi particolari da valutare caso per caso”.

 

Modalità di gestione

Le nuove Linee Guida ribadiscono, in sostanza, il ruolo centrale del Direttore Tecnico dell’impianto, titolare, in quanto tale, della responsabilità della gestione operativa dell’impianto. Quel che è nuovo (e menomale) è il riferimento alla preparazione di questo soggetto. Infatti, le precedenti Linee Guida richiedevano a tale soggetto la stessa formazione richiesta per la qualifica di Responsabile Tecnico Gestione Rifiuti, il che aveva sollevato non poche problematiche. Rinviando ulteriori approfondimenti ad un articolo di Stefano Maglia, in questa sede ci si limita a segnalare che ora il problema sembrerebbe risolto: è ben evidente, nella nuova Circolare 1121/2019, che il Direttore Tecnico dell’impianto deve essere “opportunamente formato ed in possesso dei necessari requisiti quali la laurea o il diploma in discipline tecnico-scientifiche”, senza alcun riferimento alle verifiche previste per la figura del RT.

Inoltre, il Ministero si limita, stavolta, a raccomandare che “il direttore tecnico sia sempre presente in impianto”, precisando che tale disponibilità deve intendersi riferita all’”orario di operatività dello stesso” e che questi potrà collaborare con “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (laddove tali figure non siano coincidenti)”: infatti, “in caso di motivati impedimenti alla presenza continua, come anche nel caso di impianti dotati di organizzazioni complesse, il direttore tecnico può avvalersi, per lo svolgimento delle proprie funzioni, anche di singoli responsabili, purché gli stessi siano in possesso delle conoscenze e dei requisiti allo svolgimento dell’incarico e ne sia garantito comunque il controllo”. A ben guardare, le nuove Linee Guida sembrerebbero semplificare, per quanto possibile, la tanto discussa “onnipresenza” del Direttore Tecnico.

 

Altra novità che merita segnalazione, a parte la dovuta eliminazione di ogni riferimento all’ormai abrogato SISTRI, è che nell’ambito degli accorgimenti gestionali (par. 6.1) e, precisamente, con riferimento alla verifica dell’accettabilità dei rifiuti, quando si tratta di rifiuti non pericolosi ai quali corrisponda una “voce a specchio” di analogo rifiuto pericoloso, la nuova circolare chiarisce che “qualora la verifica di accettabilità sia effettuata anche mediante analisi, la stessa deve essere eseguita per ogni conferimento di partite di rifiuti ad eccezione di quelle che provengono continuativamente da un ciclo tecnologico ben definito e conosciuto (singolo produttore); nel qual caso la verifica deve essere eseguita ad ogni variazione significativa del ciclo di origine o comunque con cadenza almeno annuale, salvo che nell’atto autorizzativo non sia specificata una cadenza superiore” (la circolare 4064/2018 indicava, invece, una cadenza semestrale, v. pag. 8[13]).

 

Ugualmente nuovo è il riferimento alle procedure semplificate (art. 216 D.L.vo 152/2006): in quel caso, le nuove Linee Guida precisano che “le quantità massime dei rifiuti non pericolosi e pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso produttori, recuperatori e centri di stoccaggio intermedi, nelle more della adozione dei decreti di cui all’art. 214, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, rispettino quanto indicato rispettivamente all’art. 6 del D.M. 5 febbraio 1998 ed all’art. 4 del D.M. n. 161 del 12 giugno 2002”.

 

Restano, invece, invariati i criteri tesi a garantire la sicurezza durante le fasi di movimentazione e stoccaggio dei rifiuti, anche al fine di evitare la dispersione all’interno dell’impianto e lo sviluppo di polveri (pag. 11). Restano, poi, ferme le cautele individuate per i casi di sversamento accidentale, per la fase di abbancamento dei rifiuti (“non vengano effettuate miscelazioni se non quelle consentite dalla legge, ai sensi dell’art. 187 del d.lgs. n. 152 del 2006, ed autorizzate”), per lo stoccaggio in cumuli, per la sovrapposizione di fusti e cisternette, per lo stoccaggio di rifiuti infiammabili, ecc. Si ribadisce, inoltre, quanto già evidenziato nelle precedenti Linee Guida relativamente alla manutenzione delle superfici scolanti, dei manufatti di sedimentazione e di disoleazione e della rete di raccolta delle acque meteoriche, della viabilità e la relativa segnaletica all’interno dell’impianto.

 

Invariati, infine, i limiti temporali già in precedenza definiti per lo stoccaggio, sempre ribadendo “l’opportunità che le autorizzazioni individuino, ai sensi dell’art. 208, comma 11, lett. c), del d.lgs. n. 152 del 2006, termini temporali massimi ragionevoli per le operazioni di stoccaggio nonché che le stesse rechino indicazioni sulla capacità massima di stoccaggio istantanea”:

– i rifiuti non pericolosi sui quali viene operata la messa in riserva (R13) vanno destinati ad impianti di recupero di terzi preferibilmente entro sei mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto. Novità di queste linee guida: per gli impianti in procedura semplificata ai sensi del D.M. 5 febbraio 1998 la messa in riserva di rifiuti non deve mai superare il termine massimo di dodici mesi (termine che può essere applicato in sede autorizzativa da parte delle autorità competenti anche agli impianti in procedura ordinaria o AIA);

– i rifiuti pericolosi (altra novità) sui quali viene operata la messa in riserva (R13), secondo le procedure semplificate di cui al D.M. n. 161/2002, devono essere avviati a recupero entro il termine massimo di sei mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto (anche qui, tale termine massimo può essere applicato in sede autorizzativa da parte delle autorità competenti anche agli impianti in procedura ordinaria o AIA);

– i rifiuti sui quali viene operato il deposito preliminare (D15) devono essere avviati alle successive operazioni di smaltimento entro massimo dodici mesi dalla data di accettazione nell’impianto;

– i rifiuti in uscita dall’impianto, accompagnati dal formulario di identificazione, devono essere conferiti a soggetti autorizzati per il recupero o lo smaltimento finale, escludendo ulteriori passaggi ad impianti di stoccaggio. Fanno eccezione gli impianti strettamente collegati agli impianti di recupero di cui ai punti da R1 a R12 o agli impianti di smaltimento di cui ai punti da D1 a D14, intendendosi per impianto strettamente collegatoun impianto dal quale, per motivi tecnico/commerciali, devono necessariamente transitare i rifiuti perché gli stessi possano accedere all’impianto di recupero/smaltimento finale”.

 

Non a caso, infine, viene inserito nell’ambito dei criteri di gestione delle emergenze il citato obbligo di redigere un piano di emergenza interna: “il piano di emergenza è già uno strumento obbligatorio per i luoghi di lavoro in cui sono impiegati più di 10 lavoratori … La legge n. 132 del 2018 ne prevede la predisposizione per tutti gli impianti esistenti, ovvero l’adeguamento con il recepimento dei contenuti indicati dall’art. 26 bis, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 1 dicembre 2018, n. 132. Si raccomanda inoltre a tutti i gestori di trasmettere al prefetto competente per territorio le necessarie informazioni per l’elaborazione del piano di emergenza esterna agli impianti”.

 

Controlli Ambientali

L’ultimo punto delle Linee Guida richiama l’attenzione sul fondamentale ruolo dell’attività di controllo, questa volta forte anche di quanto rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. In particolare, la nuova Circolare 1121/2019 sottolinea che “le possibili cause dell’aumento dei fenomeni di incendio negli impianti che gestiscono rifiuti possono essere riconducibili anche a:

– una fragilità degli impianti, spesso non dotati di sistemi adeguati di sorveglianza e controllo;

– la rarefazione dei controlli sulla gestione che portano a situazioni di sovraccarico degli impianti e quindi di incrementato pericolo di incendio;

– la possibilità, determinata da congiunture nazionali e internazionali, di sovraccarico di materia non gestibile, che quindi dà luogo a incendi dolosi liberatori”.

Da qui, la necessità di una programmazione di controlli “che tenga in debito conto la complessa realtà dell’impiantistica allargando lo sguardo agli impianti apparentemente minori ma potenzialmente a rischio.”[14]

 

Dopo aver richiamato la già prevista scheda esemplificativa utile alle verifiche di tipo visivo (allegata alla circolare), il Ministero chiude le Linee Guida con un riferimento alle fattispecie di depositi temporanei cd. irregolari, depositi incontrollati e abbandoni di rifiuti presso strutture anche dismesse o all’aperto, esposti a rischio di sviluppo di incendi. “In tali casi – osserva – proprio per prevenire possibili conseguenze per l’ambiente e la popolazione, è opportuno che l’azione di controllo venga estesa, ai sensi dell’art. 255 e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, anche agli abbandoni di rifiuti ed alle attività di gestione di rifiuti non autorizzate. In questo senso è fondamentale il ruolo che rivestono anche Province e Comuni nell’ambito del controllo del proprio territorio e patrimonio, con lo scopo di prevenire l’insorgere di fenomeni illeciti, o quanto meno di non aggravare le eventuali situazioni di criticità già esistenti, allo scopo di scongiurare l’eventuale sviluppo di incendi o di altre criticità ambientali”. E da qui la raccomandazione: al verificarsi di un eventuale incendio presso impianti o siti di stoccaggio di rifiuti, “è necessario che le notizie di reato pervengano alle procure territorialmente competenti tempestivamente ed in forma utile”.

 

Tutto questo sarà approfondito durante il Corso di formazione “BAT e stoccaggio rifiuti – Le nuove regole. Decis. UE 1147/2018 e Circ. 1121/2019“, che si terrà a Bologna, il 26 febbraio 2019.

Info: formazione@tuttoambiente.it – 0523.315305

 

Piacenza, 31.01.2019

 

 

Note:

 

[1] Ci si riferisce alla sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018, nella quale la Sezione Quarta del Consiglio ha negato, in maniera decisamente perentoria, che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto alcun potere di “declassificazione” caso per caso in sede di autorizzazione.

 

[2] Il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018, entrato in vigore il 5 ottobre 2018, dettava disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale, immigrazione e sicurezza pubblica, e conteneva misure per la funzionalità del Ministero dell’interno, l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

 

[3] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 2018, in vigore dal 4 dicembre 2018.

 

[4] Art. 26-bis “Piano di emergenza interno per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti”

1. I gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, hanno l’obbligo di predisporre un piano di emergenza interna allo scopo di:

a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per i beni;

b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti;

c) informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;

d) provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante.

Il piano di emergenza interna è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato dal gestore, previa consultazione del personale che lavora nell’impianto, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, ad intervalli appropriati, e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti nell’impianto e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidente rilevante.

Per gli impianti esistenti, il piano di emergenza interna di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il gestore trasmette al prefetto competente per territorio tutte le informazioni utili per l’elaborazione del piano di emergenza esterna, di cui al comma 5.

Per gli impianti di cui ai commi precedenti, al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti, il prefetto, d’intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, predispone il piano di emergenza esterna all’impianto e ne coordina l’attuazione […]”.

 

[5] V. A. MARTELLI, Decreto sicurezza e rifiuti: scatta l’obbligo di piano di emergenza interna, pubblicato su www.ambientesicurezzaweb.it.

 

[6] Art. 183 D.L.vo 152/2006 – Definizioni:

aa) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta”.

 

[7] Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 dell’allegato C alla parte quarta del D.L.vo 152/2006.

 

[8] Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 dell’allegato B alla parte quarta del D.L.vo 152/2006.

 

[9] Art. 2087 Codice civile (R.D. 16 marzo 1942, n.262) – Tutela delle condizioni di lavoro:

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

 

[10] Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 – Suppl. Ordinario n. 108, in vigore dal 15 maggio 2008.

 

[11] Emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2007.

 

[12] Art. 195 D.L.vo 12/2006 – Competenze dello stato:

1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato: […] b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216”.

 

[13]Qualora la verifica di accettabilità sia effettuata anche mediante analisi, la stessa deve essere eseguita per ogni conferimento di partite di rifiuti ad eccezione di quelle che provengono continuativamente da un ciclo tecnologico ben definito e conosciuto (singolo produttore), nel qual caso la verifica deve essere almeno semestrale”.

 

[14] Richiamando pag. 97 della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti.

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